La leggerezza del corpo e della mente

Immagina come ti sentiresti potendo fare tutto quello che fai quotidianamente senza avvertire il peso della responsabilità e delle costrizioni che ci siamo imposti. Il nostro potere è incredibilmente infinito e solo noi conosciamo la formula per utilizzarlo al meglio; te la ricordi vero?

Solo tu puoi decidere la rotta

Assumersi la responsabilità del proprio benessere non è facile ma neanche impossibile; agisci ORA e ti accorgerai che il tuo potere è limitato solo da quello che tu credi.

C'è sempre un faro ad indicarci dove siamo

I viaggiatori del passato hanno percorso l'ignoto per raggiunge nuovi luoghi; tutti noi siamo viaggiatori e abbiamo l'occasione di navigare su rotte conosciute o concederci di tralasciare le acque che crediamo sicure per cercare ciò che percepiamo senza riuscire a vedere. Apri gli occhi,ti accorgerai che il faro è sempre acceso, basta cogliere il suo bagliore.

La pace comincia da me

Fluire con gli eventi, assecondarli senza contrastarli, questo è il segreto dell'equilibrio

Spirito e corpo

Immagina di essere un'aquila e di librarti libero nel cielo con la consapevolezza di poterti avvalere di ogni alito di vento per decidere cosa fare e dove andare. Adesso hai la possibilità di divenire quell'aquila, dipende solo da te. Dove sarà il tuo spirito sarà il tuo corpo.

sabato 7 giugno 2014

I sali del dott. Schussler: N.11 Silicea

Silicea



Particolarità: il sale di Schüssler n. 11 è quello cosmetico: è il sale per la pelle, per i capelli e per le unghie.
Zona d’impiego:
- Sistema immunitario debole; debolezza dei tessuti connettivali; atrofia dei tessuti connettivi; problemi di ricostruzione metabolica e di nutrimento del corpo a seguito di malattie consuntive; arteriosclerosi.
- Processi suppurativi; infiammazione cronica e recidiva dell’orecchio medio.
- Flatulenza.
- Artrosi, gotta, dolori e disturbi reumatici, modificazione patologica della cartilagine; problemi posturali, piedi valghi e piatti; articolazioni ballerine; debolezza dei dischi intervertebrali; infiammazione del periostio e della guaina sinoviale; come prevenzione per l’osteoporosi e nel caso di problemi dello sviluppo e della crescita.
- Capelli raggrinziti, sfibrati, opachi; unghie delle mani e dei piedi fragili e che crescono a fatica; pelle secca e ruvida, neurodermatite, pelle che si squama; acne (principalmente sul mento, sulla nuca e sulla schiena; micosi delle unghie; suppurazione della pelle; disturbi nella rimarginazione delle ferite (in seguito a ferite, la pelle fa fatica a guarire).

  

venerdì 6 giugno 2014

Aloe: la riscoperta moderna


A metà ottocento l’aloe viene riscoperta grazie a una serie di studi innovativi, fra i quali spicca l’esperienza di un medico russo capace di unire sapere scientifico e medicina popolare.
La storia moderna dell’aloe comincia con la scoperta del principio attivo caratteristico di questa pianta, ribattezzato aloina dalgi insglesi Smith e Stenhouse nel 1851, anno in cui per la prima volta il composto viene titolato e identificato. Per tutto l’ottocento comunque sono soprattutto le proprietà lassative dell’aloe ad attirare l’attenzione e nel British Pharmaceutical Codex del 1907 l’aloina e aloemodina sono citate per le proprietà purganti e purificanti. Il primo a commercializzare l’aloe fu invece un piantatore del Kentucky, H.W. Johnstone, che accortosi quasi per caso del forte potere cicatrizzante della pianta – usata dai lavoratori di colore della sua piantagione – iniziò a coltivarla su larga scala, mettendo in commercio nel 1912 un unguento. Negli anni trenta due ricercatori americani, i Collins (padre e figlio) studiarono a fondo la capacità rigeneratrice dell’aloe, pubblicando un rapporto sull’effetto dell’aloe vera nel lenire gli effetti della radioterapia, in particolare nelle dermatiti. La loro ricerca segnò in America il lancio di una serie di campagne scientifiche di approfondimento della composizione della pianta culminata con i lavori di Chopia e Gosh, che nel 1938 riuscirono nelle loro analisi a fornire una prima descrizione della composizione chimica della pianta. Fra il 1942 e il 1947, un ingegnere chimico, Rodney M. Stockton, imbattutosi per caso nella pianta, dopo decine di esperimenti ne provò l’efficacia e mise in commercio con un certo successo un balsamo per le ustioni. Contemporaneamente proseguiva l’analisi chimica della pianta. Tom Rowe, dell’università della Virginia, stabiliva per esempio che il principale agente curativo delle lesioni cutanee da radiazioni doveva trovarsi concentrato nella parte dura delle foglie. Solo verso la fine degli anni cinquanta il farmacista texano Bill C. Coats, dopo aver interamente dedicato la sua vita agli studi, riuscì a stabilizzare la polpa di aloe fresca, evitando i problemi di fermentazione e ossidazione del prodotto che avevano fino ad allora afflitto sia la preparazione del succo che delle creme. Coats risolse il problema con aggiunta di vitamina C, vitamina E e di sorbitolo, tutti antiossidanti naturali. Questo portò alla vendita dell’aloe su larga scala. Quasi negli stessi anni i russi, lavorando su varietà diverse dell’aloe vera al centro delle ricerche americane (aloe arborescens e striatula) e tipiche delle loro latitudini, giungevano alla conclusione che una medicazione a base di aloe dimezzava i tempi di guarigione in caso di traumi ginecologici e oftalmici, collegando l’acido cinnamico alle capacità dell’aloe di uccidere i parassiti intestinali. Proprio i russi del resto potevano vantare uno dei maggiori pionieri nello studio dell’aloe.
La medicina dialettica di Filatov
L’oftalmologo russo Vladimir Petrovic Filatov, nato a Odessa nel 1875, può essere considerato a ragione uno dei precursori dell’impiego dell’aloe. Ecco perché ci sembra giusto dedicargli un breve paragrafo. Lo zar Nicola II volle insignire personalmente con la cattedra d’oftalmologia a Mosca questo promettente medico, ricercatore dinamico e ricco di interessi. Secondo Filatov si doveva passare con naturalezza dalla omeopatia alla naturopatia, dalla medicina energetica a quella tradizionale, tenendo a mente una medicina unitaria, capace di mantenere per così dire una visione d’insieme (quella che oggi chiamiamo olistica) della malattia e dell’essere umano. Proprio negli anni tra la fine dell’ottocento e i primi del novecento, il medico tedesco Paul Ehrlich si fece promotore della prima chemioterapia: una terapia a base di sostanze chimiche in grado di aggredire l’agente patogeno colpendolo con precisione come fosse un bersaglio, allo stesso modo in cui i sieri andavano a colpire le tossine. Filatov sosteneva che le cure chemioterapiche e la fitoterapia possedessero altrettatnte qualità che, anziché esser poste su piani diversi, dovevano lavorare in sinergia con l’unico scopo della guarigione del paziente. Dopo la rivoluzione d’ottobre, per poter continuare i suoi studi, Filatov ribattezzò il suo metodo di studio “Medicina Dialettica” affinché il regime bolscevico lo lasciasse continuare a lavorare senza drastiche imposizioni. Grande viaggiatore, avvezzo alla vastità dell’impero russo, era solito studiare le piante medicinali e i segreti dei guaritori locali che incontrava sulla strada. Durante questi intensi scambi, cercava di istruire i guaritori, trasmettendo loro i rudimenti della scienza medica moderna, cercando al tempo stesso – come cattedratico – di dare ai medici universitari una formazione più aperta alla medicina popolare tradizionale. La grande scoperta di Filatov fu la messa a punto di un trapianto di conrea. Filatov comprese infatti che innestando un frammento di cornea sana prelevato da un cadavere su quella malata e opaca affetta da cataratta, il piccolo frammento era in grado di restituire alla cornea malata la trasparenza di origine. Il processo era d’altronde velocizzato se il prelievo della cornea veniva eseguito con il corpo del morto mantenuto al freddo, a una temperatura di 2-3°. Praticò con successo più di tremila innesti di cornee, guarendo un gran numero di cateratte e di cheratoscleriti.
Stimolatori biogeni e piante medicinali

Gli studi sulla conservazione dei tessuti alle basse temperature e sulle proprietà rigeneranti di alcune sostanze in particolari condizioni proseguirono: Filatov chiamò queste sostanze “stimolatori biogni” e applicò la sua teoria a piante medicinali come il ginseng e l’aloe arborescens. L’aloe arborescens, in particolare, era abbondante in tutta la Russia meridionale e nell’Asia centrale, e Filatov la scelse dopo averne osservato i sorprendenti effetti cicatrizzanti: tagliò delle foglie di aloe, le conservò per dieci giorni al riparo dalla luce e al freddo, successivamente ne estrasse la polpa e la iniettò sotto la cute dei pazienti: si accorse che ottneva risultati simili a quelli raggiunti con il trapianto di tessuti. Filatov notò con sorpresa un altro elemento: le stesse foglie di aloe passate nell’autoclave a 120°C conservavano le loro proprietà anche si i loro enzimi non erano presenti. Anche in questo caso arrivò alla conclusione che i responsabili del processo di guarigione dovevano essere gli stimolatori biogeni. Filatov non riuscì mai a provare l’esistenza degli stimolatori biogeni e a spiegare il loro funzionamento, anche se continuò a ottenere eccellenti risultati con la sua preparazione di aloe arborescens (chiamata “aloe biostimolata”). Dopo la morte di Filatov la scuola russa ha continuato a impiegare l’aloe (sia arborescens che vera) con successo fra l’altro nei casi di sciatica, malattie infiammatorie della spina dorsale, astenia. Solo in seguito il dottor Brandt avrebbe tentato di dare una spiegazione scientifica al meccanismo del funzionamento degli stimolatori bigeni a base di aloe vera, collegandolo al sistema nervoso centrale: l’aloe provocherebbe un allungamento della durata dei riflessi condizionati, attivando così un processo di inibizione del sistema nervoso centrale.

Aloe: le origini

Aloe: dall’antichità al medioevo

Dalla mesopotamia dei sumeri ad Alessandro magno, fino al medioevo di arabi e crociati: le testimonianze storiche sulla “pianta della vita”.
Conosciuta da sempre per la sua bellezza, la sua eleganza e soprattutto le sue proprietà terapeutiche, per molte civiltà la pianta dell’aloe ha rappresentato una vera e propria divinità. La prima testimonianza dell’utilizzo della pianta in medicina sembra risalire a una tavoletta di argilla di età accadica (2200 a.c.) ritrovata a Nippur, a sud di Baghdad: <le sue foglie assomigliano a foderi di coltelli>. In ogni caso l’utilizzo farmacologico dell’aloe doveva essere ben conosciuto e diffuso in tutto il vicino oriente antico. Gli assiri chiamavano il succo di aloe “Sibaru o Siburu” e ne utilizzavano le proprietà lassative per risolvere i problemi di digestione difficile, come quelli derivati dal consumo di cibo avariato o la dolorosa flatulenza delle coliche intestinali. Nell’antico Egitto poi l’aloe, oltre che per le sue funzioni terapeutiche, era tenuta in gran conto per la cosmesi femminile. Dai faraoni era considerata addirittura un elisir di lunga vita. Piantata intorno alle piramidi e lungo le strade che portavano fino alla valle dei re, l’aloe, simbolo di immortalità, accompagnava il faraone fino al regno dei morti per nutrirlo e medicarlo. I sacerdoti usavano questa pianta durante l’imbalsamazione. Sempre nell’antico Egitto si apprezzava il valore lassativo dell’aloe, utilizzata per gli enteroclismi. Ancora oggi le soglie delle case egiziane vengono decorate con una pianta di aloe come simbolo di felicità domestica, spesso ornata con un fiocco rosso. Di certo parla dell’aloe il cosiddetto Papiro di Erbes (dal nome dello scienziato tedesco che lo scoprì nel 1875). Si tratta di un formulario contenente oltre 800 prescrizioni e la citazione di circa 700 droghe di origine vegetale, minerale e animale. Vi si trovano anche molte ricette per la preparazione di decotti, infusi, unguenti, suffumigi.


Dall’Egitto al Medioevo, leggenda e realtà

Abbiamo detto che in Egitto l’aloe era utilizzata per le sue proprietà di bellezza, che oggi sappiamo essere riconducibili all’azione antiossidante di oligoelementi come il manganese e il selenio, oltre che alla presenza di prolina. Fra le leggende sull’aloe si narra che Cleopatra facesse uso del succo di aloe come collirio e – come alcuni secoli prima la bellissima Nefertiti – lo usasse per esaltare la bellezza e il colorito della pelle facendo bagni di latte d’asina (o di giumenta) e aloe. Per gli antichi greci l’aloe era associata a bellezza, pazienza e fortuna, tanto che anche Ippocrate vi fa riferimento nei suoi scritti: la riteneva capace di arrestare la caduta dei capelli e di dare sollievo per la dissenteria e il mal di stomaco. Si pensava anche che la pianta rendesse i guerrieri invincibili: una leggenda delle leggende sulle conquiste di  Alessandro Magno narra di una spedizione navale che il Macedone, su consiglio del suo maestro Aristotele, avrebbe intrapreso per conquistare l’isola di Socotra, nell’Oceano Indiano. Al di la della veridicità dell’episodio, proprio l’isola di Socotra (conosciuta da romani e greci come Dioscoris) per molti secoli è stata al centro della coltivazione dell’aloe succo trina – una varietà pregiata di aloe – e del suo commercio dal mediterraneo alla Cina. Accanto alla tradizione occidentale, infatti, l’aloe è presente in quella della medicina orientale, dalla Cina al Tibet all’India. La medicina tibetana e quella ayurvedica conoscono una preparazione a base di aloe aquilaria agallocha (un albero della famiglia delle timelacee), la cui corteccia viene usata per medicare ferite, otiti e le patologie dell’occhio. Mediatori fra oriente e mondo mediterraneo, i fenici pare facessero seccare la polpa estratta dalle foglie di aloe in otri di pelle di capra, diventando i maggiori commercianti di aloe nel mondo greco-romano. Anche i romani si accorsero delle virtù terapeutiche dell’aloe. Pedacio Dioscoride, uno fra i maggiori naturalisti greco-romani, vissuto nei I° secolo d.c., descrive le virtù lenitive e cicatrizzanti dell’aloe nel suo trattato “de materia medica”. Nel medioevo, crociati e pellegrini di ritorno dalla terra santa portarono con loro questa piantina prodigiosa, contribuendo a una ripresa di interesse nei suoi confronti.

Nel XII secolo Hildegarda di Bingen scriveva:” il succo di aloe è caldo e ha grande valore per il polmone e l’itterizia”. Gli arabi del resto, che già ne conoscevano le virtù, erano stati in gradi di espanderne la coltivazione fino all’Andalusia, riuscendo ad acclimatarla. Furono però i padri gesuiti, prima spagnoli e poi portoghesi che, alle soglie dell’età moderna, esplorando le nuove terre diffusero la coltivazione della pianta di aloe in tutte le colonie, dall’Africa all’America fino all’Estremo Oriente.

domenica 1 giugno 2014

Integratori alimentari: Zinco


Lo zinco è un elemento fondamentale nella nutrizione perché svolge un’ampia gamma di ruoli biologici in tutte le cellule dell’organismo:è importante per la struttura di proteine e membrane cellulari, per l’assorbimento e funzione delle vitamine e di altri minerali ed è un elemento costitutivo di oltre 200 enzimi preposti alla digestione e al metabolismo. Inoltre lo zinco è presente nella struttura della “superossido dismutasi”  (SOD), enzima molto importante nella protezione delle strutture cellulari dai danni ossidativi. Lo zinco è necessario anche per la corretta attività di molti ormoni, inclusi l’insulina, l’ormone della crescita, gli ormoni sessuali e gli ormoni timici (legati alla funzionalità del timo, organo importante nei processi immunitari). Una carenza di zinco può influire nello sviluppo di una ipertrofia prostatica e portare a sterilità maschile a causa della riduzione nella maturazione, nella mobilità e nel numero di spermatozoi.
Bassi livelli di zinco possono manifestarsi con alterazioni cutanee, diarrea, perdita di capelli e infezioni ricorrenti, dovute a un indebolimento delle funzioni immunitarie. Studi effettuati hanno dimostrato che la carenza di zinco può portare a una diminuzione del numero delle cellule deputate alle difese immunitarie (linfociti T), così come è stato evidenziato che un’integrazione bilanciata di zinco migliora la compromissione della funzione immunitaria tipica dell’invecchiamento. Lo zinco gioca un ruolo rilevante nello sviluppo fetale. Una carenza di zinco sembra essere legata al parto prematuro e al ritardo della crescita del feto. Carenze si zinco sembrano essere connesse a condizioni quali la degenerazione maculare, il morbo di Alzheimer e la malattia di Wilson, disturbo ereditario caratterizzato da accumulo di rame nel fegato e gravi danni a livello cerebrale, dovuti al lento rilascio di questo minerale in altre parti dell’organismo. Poiché gli integratori di zinco possono interferire con l’assorbimento del rame, possono quindi rivelarsi utili nella prevenzione dell’accumulo di rame caratteristico per questa patologia.

Campi di azione
Carenze delle difese immunitarie
Lenta rigenerazione cellulare a seguito di ferite e infezioni
Indebolimento del sistema riproduttivo maschile

Diminuzione nell’attività di regolazione degli zuccheri.

Integratori alimentari: Mio inositolo


Il mio-inositolo è la forma attiva di inositolo e fa parte delle “non vitamine” del gruppo B.
L’utilità del mio-inositolo è stata evidenziata nel nutrimento delle cellule cerebrali. Grandi quantità di inositolo si trovano infatti nei nervi del midollo spinale, cervello e fluido cerebro-spinale. Come riportato in “Pdr- integratori nutrizionali ed.CEC”, viene ipotizzato che il ruolo del mio-inositolo su attacchi di panico, depressione e comportamenti ossessivo compulsivi, possa essere legato alla sua funzione di precursore di secondi messaggeri. Il mio-inositolo , inoltre, appare essere coinvolto nell’attivazione di recettori per la serotonina.

Il mio-inositolo aiuta a migliorare l’attenzione e concentrazione e favorire i processi depurativi dell’organismo

Mio-inositolo e sistema nervoso
Il mio-inositolo è un costituente delle membrane di tutte le cellule (forma i fosfolipidi di membrana), e i suoi diversi derivati fungono da molecole messaggere all’interno del sistema nervoso. È dunque un intermediario nella formazione di importanti neurotrasmettitori del sistema nervoso centrale come la serotonina, una sostanza principalmente coinvolta nella regolazione dell’umore.

Azione cerebrale
Il mio-.inositolo viene incorporato nelle membrane cellulari ed è coinvolto nella trasmissione dei messaggi che segnalano il controllo delle funzioni cellulari nel sistema nervoso, favorendo la concentrazione e l’attenzione a livello cerebrale. Come riportato su “Pdr – integratori nutrizionali – ed. CEC” e “guida medica agli integratori alimentari – T.Murray – ed. Red”, sono stati inoltre osservati miglioramenti a seguito di trattamento con inositolo, in soggetti depressi e nei casi di disturbi da attacco di panico.

Depurazione del fegato
Il mio-inositolo è anche noto nella letteratura scientifica per il suo efetto lipotropo, cioè aiuta a rimuovere i grassi dal fegato, favorendo così la riduzione del grasso e della bile, che si depositano nell’organo, e che potrebbero associarsi all’insorgere di disturbi del fegato.

Azione lipotropa
Insieme alla colina, il mio-inositolo stimola la produzione di lecitina: interviene, perciò, nel metabolismo dei grassi e può aiutare a ridurre il livello di colesterolo nel sangue.


Fonti: web, riviste di settore, natural point

Articoli a puro scopo informativo e non esaustivo.
Articoli a puro scopo informativo e non intende ASSOLUTAMENTE sostituire la consulenza medica


Integratori alimentari: Glutammina


La Glutammina è un aminoacido definito semi-essenziale, perché in circostanze normali, viene sufficientemente prodotta nei muscoli, per far fronte alla richiesta fisiologica. Tuttavia, nelle situazioni di stress che comportano un elevato consumo di Glutammina è bene aumentarne l’apporto dall’esterno, per evitare che l’organismo consumi le scorte presente nei muscoli. Infatti l’organismo non sempre è in grado di rispondere adeguatamente all’aumento di consumo che lo stress innesca.
Perciò, con un’opportuna integrazione ci si prende cura delle possibili carenze, evitando così conseguenze indesiderate.

La Glutammina è l’aminoacido più presente nel corpo umano: oltre che nei muscoli, si trova in quantità discrete anche nel sistema nervoso, nell’intestino, nel fegato, nel cuore e viene utilizzata da tutte le cellule, in particolare da quelle deputate alle difese immunitarie per produrre energia.

La Glutammina, inoltre, partecipa a varie attività metaboliche, quali la formazione delle proteine, degli amino-zuccheri (glucosamina) e del glutatione, un potente antiossidante che l’organismo produce per contrastare i radicali liberi, proteggendo le cellule dai pericolosi ossidativi.

Sforzi intensi:
Per chi impegna intensamente il proprio corpo nello sport o nel lavoro fisico, la Glutammina diventa utile per accelerare il recupero energetico, aumentando il volume cellulare e favorendo la reintegrazione di sostanze nutritive.

Dopo i traumi:
L’azione benefica della glutammina a sostegno della riparazione di traumi come le ustioni, e il recupero fisico dopo interventi chirurgici. Si è anche osservata la capacità di migliorare lo stato nutrizionale dei pazienti.

Stanchezza e concentrazione:
La sensazione di stanchezza, particolarmente quella mentale, può trovare spiegazione anche nei meccanismi cellulari che nutrono il cervello. Esso è, infatti, un grande utilizzatore di acido glutammico, come neurotrasmettitore, sostanza che veicola le informazioni tre le cellule del sistema nervoso, in particolare nel sistema nervoso centrale.
Prontezza mentale e concentrazione decrescono quando l’acido glutammico scarseggia.

La glutammina, che entra rapidamente nelle cellule cerebrali, viene convertita in acido glutammico, o utilizzata come fonte di energia, a seconda delle necessità. Inoltre, essa consente l’eliminazione di sostanze tossiche presenti a livello cerebrale. Questo spiega il miglioramento delle prestazioni intellettive.

Depurazione e protezione:
Nel fegato, il grande depuratore dell’organismo, avvengono i processi di trasformazione delle sostanze tossiche in forme atossiche, che sono poi eliminate per via urinaria. La glutammina aiuta tali processi e concorre così a proteggere il fegato. Essa è inoltre un buon supporto energetico delle cellule in rapida moltiplicazione, come i linfociti e i macrofagi, che sono legate alle difese immunitarie. Per questa ragione, viene anche considerata un elemento che nutre il sistema immunitario.

Sembra anche giocare un ruolo di primo piano nel proteggere l’integrità della mucosa del tratto gastrointestinale, in particolare del colon.

L’importanza del ph:
La Glutammina svolge un ruolo importante nella regolazione dell’equilibrio acido-base, proteggendo così l’organismo dell’acidosi. Essa concorre alla trasformazione dell’ammoniaca, un residuo tossico dell’organismo, in forme innocue, che vengono poi eliminate dai reni oppure convertite in urea dal fegato

Risposta fisiologica alle basse quantità di glutammina :
-          Alterazione dell’equilibrio acido-base
-          Recupero di energia più lento dopo sforzi fisici e sportivi
-          Ridotta capacità di produrre glutatione
-          Maggiore difficoltà di rigenerazione delle cellule dai traumi (ustioni, interventi)
-          Sensazione di stanchezza
-          Scarsa concentrazione
-          Minore depurazione del fegato
-          Ridotta energia delle cellule legate alle difese immunitarie
-          Minor protezione della mucosa intestinale del colon


Fonti : web, riviste del settore, natural point.

Articoli a puro scopo informativo e non esaustivo. Non intende ASSOLUTAMENTE sostituire la consulenza medica